
Franco Chiarelli, Manuela Cirino, Gianluca Costantini, Marcello Maloberti, Doriana Russo & Gianluigi Dragoni e Mauro Vignando
a cura di Roberto Daolio
Santa Maria delle Croci di Ravenna, 1997
Qualcosa di simile, qualcosa di uguale, qualcosa che si pone sullo stesso piano ma leggermente sfalsato, qualcosa che ha e mantiene diversi punti in comune con la realtà e che, al tempo stesso, fa appello a una distanza, a una sfasatura, a una diversa “coincidenza” di livelli, di piani e, forse, di progetti. Mi verrebbe da aggiungere, se non temessi l’eccesso, di una progettualità aderente al mondo e talmente vincolata al “come” da superare il paradosso e identificarsi con esso.
E “volontà” e “rappresentazione” non sono solo termini correlati e conseguenti di un pensiero che devia dalle cose per le parole…
E allora siamo di nuovo a tentare di “abitare” una distanza, con i mezzi, con i linguaggi e con gli apparati “extra” dell’arte.
Dal punto di vista della ricerca delle ultime generazioni di cui questa mostra vuole essere un ulteriore motivo dr attenzione e di presenza (dopo le analoghe “indagini” curate negli anni scorsi, rispettivamente da Claudia Colasanti e da Serena Simoni) si avverte l’urgenza e la necessità di un allargamento delle zone di confine. Di un tentativo di verificare, nella pratica del quotidiano, i risvolti e le sfrangiature della realtà; o meglio, delle realtà… diverse che siamo impegnati a vivere e a frequentare nel moltiplicarsi degli stimoli e delle dimensioni, non solo nella prospettiva estetica, della complessità dell’esistente. Le opere e gli interventi degli artisti di questi nostri tardi anni Novanta, assumono sempre più i profili e i connotati di una processualità non standardizzata e di una volontà di comunicazione leggera, di cui possono rimanere solo poche tracce o lievi indizi. Siano essi affidati ad un nuovo “grado zero” degli oggetti, prelevati dall’immenso magazzino della cultura materiale, siano invece fotografie, video o azioni-performance che si dispiegano come frammenti di vissuto per registrare mutamenti della coscienza. Modelli e forme di relazione si spingono oltre la metafora, per ridefinire possibilità esistenziali che proliferano negli anfratti e nelle “nicchie” dei sistemi più o meno grandi e omologati. Da tutto ciò, ecco allora emergere un flusso trasversale di apporti e di contributi a qualificare la presenza e il ruolo dell’artista per mezzo di nuove formalizzazioni.
Non si affronta più la simulazione del reale attraverso la dislocazione e la mimesi del simulacro “scoperto” e codificato, ma si accentuano la vocazione e l’attitudine ad interagire con gli apparati e i meccanismi dell’attestazione dell’arte attraverso lo scambio e il rovesciamento delle funzioni e dei valori.
Così come si fanno proprie procedure e strategie comunicative per trarne un vantaggio di “differenza” e per motivare, in modo individuale, un accesso ai mezzi e ai linguaggi che possono essere “condivisi” e partecipati.
Spesso la tecnologia nei suoi aspetti più immateriali e globalizzanti viene assunta ed utilizzata senza linee di demarcazione. Mezzi e prodotti, più o meno sofisticati e raffinati, sono naturalmente inscritti nel bagaglio culturale delle giovani generazioni.
Così gli artisti li accostano, li integrano o li modificano, di volta in volta, accanto ai linguaggi della tradizione. Grafica computerizzata, cd rom, video e fotografie digitali, sonorizzazioni e raggi laser abitano le molteplici dimensioni del reale, secondo il nuovo grado “zero” loro attribuito nel processo dell’elaborazione e dell’invenzione.
In questo modo Franco Chiarelli riflette sul doppio, sull’ambiguo risvolto dell’immagine “reale” riprodotta e proiettata a confondere non solo la percezione del vero e del tangibile.
Bensì il risvolto illusorio e mimetico che anima e sconfina dar bordi e dai limiti per dare forma ai pensieri e per concretizzarli nelle parole, nelle frasi e per relazionarsi sulla ricostruzione fisica e psichica di un percorso al di fuori di sé. Percorso di identità e di riconoscimento “meccanico” di una mutazione in grado di alterare tratti somatici e di camuffarli nell’evidenza di un riconoscimento “come se”. E spesso è proprio il contrasto tra vero falso che viene messo in gioco; e che subisce nella visione a distanza, l’attribuzione di un contributo di verità e di senso disilluso e straniante.
Manuela Cirino affronta e dialoga con l’apparente mistero della natura delle cose e ricerca inedite relazioni tra forme codificate e processi conoscitivi in divenire. L’attenzione nei confronti dello spazio della realtà e dell’ambiente, all’interno del quale si misura la stabilità di un’intrusione di oggetti o di figure autonome, ma profondamente personalizzate, si riflette nell’elaborazione mentale di un’associazione affettiva e di rimando evocativo. Le “cose” precipitano e ci investono, rotolano verso un altrove che mantiene e conserva la consistenza plastica del qui e ora. La realtà è un’associazione mentale e le immagini fotografiche, le “sculture” e gli oggetti “in stucco” destinati a deformarsi nel tempo, rispecchiano lo scambio simbolico di un cambiamento di “stato” in equilibrio tra presenza e assenza.

tecnica mista su carta cucita, 180 x 130 cm
Il lavoro e l’impegno di Gianluca Costantini sono rivolti a qualificare in modo originale e tutt’altro che ortodosso il linguaggio del fumetto e assieme quell’immaginario estroso e variegato che si esplica nella contaminazione dei generi. Del disegno e della pittura, delle soluzioni grafiche computerizzate e delle loro variazioni in tempo reale, del mosaico prezioso e icastico come un frammento senza tempo e del piacere inusitato delle trame e dei racconti sospesi. Il raffinato gioco linguistico del disegno si muta nell’assimilazione dei materiali e delle tecniche, per “doppiate” all’ennesima potenza i prelievi dal passato e l’adesione pulsante alla comunicazione diretta del presente.
Marcello Maloberti interviene a suggerire modificazioni apparentemente impercettibili dello stato delle cose; delle situazioni statiche dei rapporti interpersonali e delle scansioni di significato tra i contesti. Anche in questo caso, le forme di relazione con la quotidianità assumono i contorni di oggetti “fuori luogo” e di variazioni progressive, di livello variato, tra l’insistenza del segno (e del disegno) e la leggerezza dell’evento sospeso nei percorsi di un video o agìto in modo performativo nel tempo reale dell’evento. Lo scarto sensibile dell’attesa e dello scorrimento sulle tracce mediatiche del percorso indiretto tra realtà e rappresentazione, assume il significato di uno scambio di ruolo. Fra dialettica del sapere e riflesso “anonimo” e distinto dei “supporti” della conoscenza.
Nel tradurre il rapporto arte-vita nello spazio sociale di una identità multipla e mutante, Doriana Russo e Gianluigi Dragoni rivestono con sarcasmo e ironia i panni situazionisti di una rivolta sottile alle regole dell’appiattimento e alle norme consunte della banalità. Il risvolto straniante dei loro interventi è spesso risolto con la naturalezza lldichiarata” dell’artificio e con lo svelamento coinvolgente del doppio, dell’altra faccia della medaglia. L’apparenza e il disinganno, il vero e il “verosimile”, oltrepassano la barriera del gioco e diventano i segnali e i sintomi di una condizione condivisa di allarme e di disagio:dentro l’arte come dentro le esistenze…
Anche Mauro Vignando legittima lo scarto della propria presenza reale attraverso la sostituzione sistematica delle definizioni del campo di intervento. Condizione umana e post-umana risultano conseguenti e tutt’altro che distinte. Il manichino, l’inversione scatologica, il gioco delle parti addensato sulla fisicità di una materia corrotta e corruttibile, ma al tempo stesso mimetica e artificiale, sorreggono l’urto e l’impatto con una dimensione filtrata dal distacco di un riconoscimento diretto. Da un certo punto di vista la spettacolarità e la sorpresa dello straniamento si ricompongono sull’impianto emotivo ed emozionale di un processo di riconversione e di adattamento al reale: art-like…life-like.
Roberto Daolio

mosaico e foglia d’oro su legno, 45 x 45 cm