Ormai da molti anni mi occupo di organizzare attività culturali nella città di Ravenna, in provincia e anche a livello internazionale. Prima di parlare di candidatura credo sia importante capire se al cittadino ravennate interessi effettivamente questo progetto. Il cittadino è per quanto mi riguarda un’incognita.
Nella città di Ravenna ci sono una moltitudine di eventi durante l’anno, tra cui Nobodaddy, Ammutinamenti, Corposamente, Ponte Radio, Festival Komikazen, R.A.M. mostre di artisti ravennati, Critica in Arte, Festival del Mosaico, Bronson, Ravenna Festival, le grandi mostre di Mar e RavennAntica. Ma se si parla con un ravennate, anche del panorama artistico-culturale, la sua teoria è che a Ravenna non succeda mai nulla. L’incredibile è successo in occasione della Notte bianca di Cesena, quando si è detto che «a Cesena sì che fanno cultura, non come a Ravenna dove non c’è mai niente…».
Ora è importante capire perché succede questo. Giuseppe Maestri diceva sempre che i ravennati provengono da una cultura contadina, non sono dei “cittadini”… Forse aveva ragione, visto tutto quello che la sua galleria ha fatto mentre era in vita e visto quanto la città e le istituzioni al momento non abbiano ancora pensato di creare una “memoria” del suo lavoro. Perché non è stato fatto? Forse per ignoranza.
Il mio lavoro come organizzatore di eventi è stato casuale: fu grazie a Lisa Dradi, allora assessore alle Politiche giovanili, e all’associazione Mirada. Sono passati dieci anni e tante cose sono cambiate. I primi tempi è stato entusiasmante; un entusiasmo dato dalla passione, molte cose sono state create e molti progetti sono ancora in vita. Abbiamo portato a Ravenna autori come Joe Sacco, Marjane Satrapi, Aleksandar Zograf e tanti altri. Quando Marjane Satrapi è stata candidata all’Oscar molte persone si sono ricordate di quando venne a Ravenna, ma non erano ravennati. Nell’ultima edizione del festival Komikazen era presente a Ravenna Dave McKean, un autore di culto di fama internazionale, e all’incontro al teatro Rasi saranno state presenti 300 persone, ma i ravennati si contavano sulle dita di una mano. Se mi lamentavo di questo con qualcuno, la risposta era sempre di questo tipo: «Se l’avessi saputo sarei venuto, cercate di fare più pubblicità!». Ma la notizia era su tutti i giornali, su tutti i siti regionali e nazionali in prima pagina e sulla homepage del Corriere della Sera. C’erano i manifesti per la città e tante altre iniziative promozionali. L’ultima volta che Aleksandar Zograf è stato a Ravenna, dopo poche ore dal suo arrivo, sapeva già che al Bronson quella sera ci sarebbe stato un concerto dei Wire. Non è stato difficile, gli è bastato aprire il Corriere di Romagna oppure il Resto del Carlino. E lui veniva dalla Serbia.
La curiosità non vive a Ravenna. In questi ultimi due anni con associazione Mirada abbiamo aperto uno spazio che si chiamava Libreria Mirada. Al suo interno sono state fatte molte mostre e incontri con scrittori. Doveva essere uno spazio di libertà, una libreria non schiava della distribuzione, non schiava dei libri-panettone. Sono stati fatti incontri importanti tra cui il tanto discusso con Renato Curcio, oppure l’unica iniziativa a Ravenna sulla tragedia di Gaza di gennaio 2009. La libreria ha chiuso il 9 gennaio 2010. Non perché non ci sia la necessità di uno spazio di cultura libera, ma perché a parte una piccolissima nicchia, a nessuno interessava. Molti non si sono neanche accorti della sua esistenza. I ravennati preferiscono Dan Brown. Ma poi non lo leggono, lo comprano per riempire la libreria.
Attorno alle attività culturali della città non si può costruire un lavoro, possono continuare a vivere solo le attività legate ad un rapporto di sovvenzione comunale. Le gallerie d’arte a Ravenna non esistono. Però esistono a Forlì, Cesena e Rimini. I laboratori artigianali sono quasi scomparsi. Di quelli sul mosaico non ne parliamo…
Le librerie indipendenti faticano a vivere, di cinema “veri” ne è rimasto uno. La biblioteca è chiusa la domenica.
Mi hanno detto che il Comune organizza corsi per insegnare ai genitori a leggere libri ai propri figli. Questo, purtroppo, è il risultato di tutto quello che ho appena descritto.
Le mie sensazioni negative potrebbero annoiare, ma è importante che se ne discuta. Per capire i malumori e la “malattia” che colpiscono la città. Per capire se Ravenna ha bisogno di essere candidata a capitale europea della cultura oppure se le basterebbe meno: magari l’organizzazione di una società civile che senta la necessità di spegnere la televisione e di sedersi con la sedia fuori dalla porta per parlare con il proprio vicino. Crescere delle persone che possano uscire di casa e andare al cinema a piedi, non per vedere Avatar, ma altre cose…
Un Comune può permettersi di aprire un cinema e non far pagare il biglietto, io credo sia possibile.
Aprire un centro sociale in centro, io credo sia possibile.
Io propongo Ravenna Città della Controcultura Europea.
21 ottobrem 2010
Pubblicata su Ravenna&Dintorni