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Gianluca Costantini
Reality / To travel

Diario di Beirut

11 ottobre 2011
Perdersi nella città senza meta, sguardi, donne velate, rom, traffico e clacson.
Grattacieli spettacolari.Continuare a camminare… bisogna veramente corteggiarla questa Beirut per farsi amare da lei ma è una che fa la difficile.

La sera esco con un amico libanese, Nadim Tarazi, parliamo di fumetto e politica, il discorso perfetto.Chi è Nadim Tarazi? E’ stato il librai dell’unica libreria per fumetti di Beirut per molti anni, esperto di editoria per ragazzi è fondatore nel 2002 della Maison du Livre di Beirut una associazione per la promozione del libro e della lettura.
La Maison du livre organizza mostre a livello locale e partecipa a fiere internazionali, pubblica una rivista critica sulla letteratura per l’infanzia e si occupa di formazione professionale nell’ambito librario, di formazione continua e ha attivato un master professionale presso l’università Saint-Joseph di Beirut. Insomma un personaggio interessante.Lo conobbi per caso una sera a Bologna grazie ad una amica comune e da li nacque la mostra che curai con Elettra per Komikazen “Cedri a fumetti: disegnatori dal Libano”.Prima di tornare passeggiamo nella “Corniche” di notte.

12 ottobre 2011
Oggi dovevo andare da Tony e Karma per fare una stampa, ma ieri sera, Nadim, mi ha proposto di andare a Tiro in auto. Il viaggio per me supera ogni indecisione, la scelta è fatta.
Alle undici arriva e ci inseriamo nel traffico di serpente.

Il tragitto per un occidentale può essere traumatico, un viaggio di un’ora diventa faticoso come uno di dodici. Attraversiamo Saida, è gigantesca, lo smog mi entra nel cervello, sono ipnotizzato da quello che vedo, non parlo e non riesco nemmeno a fare foto.
Vedo i caschi i blu sui loro blindati, era dal 2000 quando andai a Sarajevo che non li vedevo.
I cartelli indicano “Palestina”, ci avviciniamo a Tiro, il confine è vicino, tutto diventa verde, bandiere verdi, Islam…
La città di Tiro fu coinvolta nella Guerra civile libanese del 1975 e poi venne occupata dagli israeliani, durante la quale andò organizzandosi la resistenza armata del gruppo radicale Hezbollah.
Ci rechiamo alla “Zona 3″ (Al-Bass) dove si trovano una impressionante necropoli, un arco trionfale e l’ippodromo romano più grande e meglio conservato del mondo.

Attraversiamo Tiro, il consueto caos, ma non ci fermiamo, andiamo verso il mare, sotto ad un cimitero cristiano c’è una baracca chiamata ristorante.
Il mare è grosso, onde altissime, è vietato andare sulla battigia per il risucchio della corrente. Ci prepariamo un tavolo, chiedo un thè al cameriere, mi guarda storto. Nazim mi dice che qui nessuno beve un thè prima di pranzo. Tipi strani mangiano e giocano a carte, una bionda straniera da sola si fa ammirare dai tipi, è in costume…


Mangiamo pesce, cotto al momento, è buonissimo, lo fotografo per far ingelosire Elettra. Faccio un disegno e per un attimo mi sembra di essere in Portogallo.

Nadim mi porta a vedere le grandi spiagge e l’hotel dove spesso viene in estate.

Poi partiamo, stavolta faccio foto e video, chiedo se mi porta a vedere Sabra e Shatila (Ṣabrā e Shātīlā), vedo solo l’ingresso… mi basta.

« Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L’odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l’uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore » 

Elaine Carey scrive sul quotidiano Daily Mail del 20 settembre 1982

Verso le 20 vado alla mostra di Randa Mirza “Beirutopia”, stessa tipologia di facce da inaugurazione… mi annoio. Poi si va a cena.

13 ottobre 2011
Mi alzo tardi e vado con gli altri a preparare gli albi per l’inaugurazione. Casa di Tony e Karma, loro non ci sono, io cucisco con il filo i libretti. Tutto è preparato artigianalmente. Verso le 17 esco, la città mi attira.

Attraverso una bellissima zona che si chiama Achrafieh, la via si chiama Rue Sursock che prende il nome da Nicolas Sursock appartenente ad una delle famiglie più importanti e ricche di Beirut nel ’900.Tutto è affascinante e ti fa immaginare la Beirut prima della Guerra civile.Vado a piedi fino all’Hotel Le Bristol, c’è una manifestazione con bandiere arancioni del Movimento cristiano patriottico di Aoun, tutto è bloccato.Mi sento sempre osservato, ovunque mi trovo…Alla sera ceno al ristorante “Le Chef”, ristorante tradizionale poi l’ultima notte in Hotel.

14 ottobre 2011
Oggi è il giorno dell’inaugurazione, sono le dodici, Riccardo viene a prendere i bagagli. Io e Vito andiamo a piedi fino al Safi Gardens nel quartiere Gemmayzeh. E’ uno strano posto questo Safi Gardens, mi sembra di essere circondato da persone che scappano dal loro paese, esiliati volontari, autistici sociali.

Montiamo la mostra, ci siamo solo noi italiani. La mostra viene bene.Alle 18.30 c’è l’inaugurazione, io sono sempre nel mio animo negativo da inaugurazione, la mia vita è stata una inaugurazione continua forse è ora di farla finita, ma credo sia impossibile.Arriva molta gente. Anche italiani… e altri disegnatori di Beirut. Passano molte ore. Dormo a casa di Riccardo, mi risveglio dalle urla di un pazzo…Un articolo uscito sul quotidiano alakhbar di Beirut www.al-akhbar.com/node/25029

15 ottobre 2011
Beirut è un mosaico di cemento, un continuo rumore di cantieri, una fila interminabile di automobili rumorose, l’odore della guerra è nell’aria, il male colpisce tutti, il dolore è nel sangue della gente.

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