
Nel segnalarvi l’inaugurazione della mostra dove verranno esposte le tavole del volume realizzato da Dario Morgante e Gianluca Costantini (QUI trovate maggiori informazioni), sfrutto l’occasione per recensire anche il libro in questione che, devo dire, mi aveva suscitato una certa curiosità all’uscita perché era da tanto che non mi capitava leggere nulla di Dario Morgante e perché mi piace il lavoro di Costantini.
Partiamo dall’aspetto più semplice da valutare, quello visivo.
A me sembra molto buono, molto rigoroso, e molto pensato.
L’impressione è che Gianluca si sia trovato davanti una serie di domande complicate quando si è trovato in fase di disegno e che abbia trovato tutte risposte intelligenti con cui rispondergli.
Il fumetto è illustrato con uno stile diafano ma non povero o debole e lo stile di Costantini si piega, senza spezzarsi, a una gabbia rigida e inesorabile, quasi bonelliana. La narrazione è semplice per gran parte del volume ma non si tira indietro davanti a delle soluzioni ardite che però non risultano mai invasive (come in una tavola in cui viene alterato il senso di lettura della pagina senza quasi farlo notare al lettore). Il suo segno, oltretutto, ha il non trascurabile merito di saper passare tutta una serie di informazioni “emotive”, arricchendo così la scrittura dello stesso Morgante.
In poche parole, sotto il profilo visivo, il volume mi è piaciuto.
Discorso più complicato sotto il punto di vista del testo.
Perché Dario è uno sceneggiatore bravo e solido ed è un piacere ritrovarlo dopo tanto tempo in cui ne avevo perso le tracce (di scrittore, fisicamente so esattamente che posso passare a fargli un saluto QUI).
Il suo impianto narrativo per questo libro è inappuntabile.
Tutto funziona come deve funzionare e questo è un gran merito del “come” del volume.
Restano forti le mie perplessità sul “cosa”.
Perché è evidente che Julian Assange è un personaggio che sta parecchio a cuore a Dario e questa mancanza di distacco intellettuale tra soggetto narrato e il suo narratore, a mio modo di vedere finisce per invalidare tutta l’opera. Morgante si tiene bel lontano dalle criticità della figura di Assange e, al massimo, ci racconta le sue paure e debolezze di essere umano. Il resto, tutte le ombre, i sospetti e i dubbi che una figura come quella dell’hacker australiano ha suscitato (e ancora suscita), vengono liquidate rapidamente come sciocchezze o cose di cui non tener conto.
E, invece, nel momento in cui racconti un personaggio del genere, per me ne devi tener conto di queste cose, magari anche per metterle in discussione se vuoi. Ma non puoi ignorarle.
Di fatto, il volume della Becco Giallo è una piccolo santino del fondatore di Wikileaks. E mi starebbe pure bene se fosse apertamente dichiarato e l’opera non avesse la pretesa (implicita ma evidente, vista la linea editoriale della casa editrice) di essere giornalismo e non elegia.
In conclusione, spero di rivedere presto al lavoro Dario (magari sempre con Costantini) su qualche altro argomento o soggetto, qualcosa che gli stia meno simpatico di Julian Assange.