In occasione dell’uscita del libro “Cena con Gramsci” scritto da Elettra Stamboulis e disegnato da me, cercherò di approfondire in questo blog la la vita e il pensiero di Gramsci. Continuiamo oggi con un pezzo tratto dal libro “Gramsci e il suo tempo” curato da Cesare Colombo e da Francesca Occhipinti ed edito da Longanesi & C. nel 1977.

1891/1911 Una difficile adolescenza | Quinta parte
La Famiglia Gransci si differenzia economicamente e socialmente rispetto alla media. Francesco Gramsci, figlio di un colonnello dei carabinieri di origine greco-albanese, giunge in Sardegna da Gaeta nel 1881, A Ghilarza, dove è direttore dell’ufficio del registro, conosce Peppina Marcias appartenente a una famiglia della piccola borghesia locale. Si sposano nel 1883 e l’anno successivo nasce il primo figlio Gennaro; vengono poi Grazietta, Emma, Antonio, Mario, Teresina, Carlo. Salvo brevi trasferimenti ad Ales e a Sorgono per motivi di lavoro, Francesco Gramsci con la famiglia risiede a Ghilarza. La loro vita scorre tranquilla e relativamente agiata. Unica preoccupazione la poca salute di Nino – così chiamato in casa Antonio – e la malformazione fisica, che i familiari mettono in rapporto con la caduta del bambino, all’età di circa tre anni dalle braccia di una domestica. La conseguente difficoltà a partecipare ai giochi violenti e movimentati dei coetanei rende Nino riservato e solitario, ma non chiuso al rapporto con gli altri.
Nino frequenta la scuola elementare a Ghilarza. La madre lo segue negli studi. Le scriverà il 15 giugno 1931 dal carcere: “Sai cosa mi è tornato alla memoria? Proprio mi è riapparso chiaramente il ricordo quando ero in prima o in seconda elementare e tu mi correggevi i compiti: ricordo perfettamente che non riuscivo mai a ricordare che ‘uccello’ si scrive con due c e questo errore tu me lo hai corretto almeno dieci volte. Dunque si ci hai aiutato a imparare a scrivere (e prima ci avevi insegnato molte poesie a memoria; io ricordo ancoraRataplan e l’altra ‘Lungo i clivi della Loira – che qual nastro argentato – corre via per cento miglia – un bel suolo avventurato’) è giusto che uno di noi ti serva da mano per scrivere quando non sei abbastanza forte [allusione al fatto che la madre dovesse farsi aiutare dai familiari per scrivere le lettere]. Scommetto che il ricordo di Rataplan e della canzone della Loira ti faranno sorridere”.

Nel 1898, però, l’esistenza serena della famiglia Gramsci è sconvolta dall’arresto del capofamiglia a seguito di una denuncia, maturata in un clima di rivalità politiche di provincia, per irregolarità amministrative in atti d’ufficio. Sottoposto a processo nel 1900, Francesco Gramsci è condannato a 5 anni, 8 mesi, 22 gioni. Per la famiglia inizia così un periodo di ristrettezze e sacrifici; Gennario, il maggiore dei fratelli, comincia a lavorare, mentre agli altri si cerca di nascondere la detenzione del padre (Nino, che lo verrà a sapere da estranei, e sarà sconvolto e in età adulta scriverà in termini severi contro l’abitudine di nascondere certe verità ai ragazzi, sia pure in buona fede).
In quegli anni Nino frequenta con profitto la scuola elementare di Ghilarza, ma al termine è costretto a interrompere gli studi e a cercare un’occupazione per contribuire al mantenimento della numerosa famiglia. Lavora al catasto dieci ore al gionro più la domenica mattina, estenuandosi a trasportare grossi registri che gli lasciano indolenzito tutto il corpo. Verso la fine del 1905, dopo il ritorno del padre dal carcere, Antonio – che non ha mai smesso di studiare per conto proprio nonostante le difficoltà – può iscriversi alla terza ginnasio a Santulussurgiu, un paese a 18 km da Ghilarza. E’ una scuola comunale “molto scalcinata”, dove spesso mancano gli insegnanti. Antonio vive a Santulussurgiu per tutta la settimana, pensionante in una casa poco accogliente e tranquilla, per nulla adatta allo studio; al sabato torna a Ghilarza. E’ in questo periodo che comincia a leggere opuscoli di ispirazione socialista che Gennario, militante a Torino , invia a casa.

Al figlio Giuliano, Gramsci ricorderà così la sua esperienza scolastica: “Il sistema di scuola che io ho seguito era molto arretrato; inoltre la quasi totalità dei miei condiscepoli non sapeva parlare l’italiano che molto male e stentatamente e ciò mi metteva in condizione di superiorità, perchè il maestro doveva tener conto della media degli allievi e il saper parlare correttamente l’italiano era già una circostanza che facilitava molte cose”.
Nel 1908 prende la licenza ginnasiale a Oristano. Nell’autunno dello stesso anno si iscrive al liceo Dettori di Cagliari, dove si trasferisce con Gennaro che in città trova impiego come contabile. Gennaro, che già da un po’ di tempo si è avvicinato al socialismo, con le sue idee e le sue letture influisce sulla formazione di Nino. A ciò si aggiungono le nuove sollecitazione che l’ambiente cittadino offre, mentre la Sardegna tutta conosce anni di intensi fermente sociali.
Nino non prova interesse solo per lo studio, ma si applica con gusto anche alle attività pratiche. Racconta la sorella Teresina: “Io facevo delle bambole di canna che rivestivo con piccoli pezzi di stoffa colorata, Nino faceva barche, velieri, o dei buffi uccellini col pennacchio in testa. Poi organizzavamo delle lotterie. Ogni pezzo aveva un numero e tutti i ragazzi del vicinato, figli di proprietari benestanti, venivano a tentare la fortuna. Invece dei soldi ci davano una mela o una pera a bigliettto. A casa c’era sempre molto appetito; potevamo disporre della minestra e del pane, ma la frutta per noi era un lusso. In questo modo ce la procuravamo ed era una festa poterne avere tanta da mangiarne fino a saziarci. Le sue capacità manuali si esternavano anche in altri modi. Aveva bisogno di fare esercizi fisici, ma gli mancavano gli attrezzi necessari. Con Mario, l’altro fratello, portarono nel nostro piccolo giardino delle grosse pietre e con un lavoro paziente e preciso le scolpirono fino a ricavarne due palle rotonde, quasi perfettamente levigate, e di peso uguale. Le unirono con un’ansia e le usavano come manubru: “La deformità gli impediva di partecipare a certi nostri giochi. I ragazzi, ora e sempre, lottano, si sfiatano: i nostri giochi preferiti erano prove di valentia fisica e di resistenza, e lui, Nino, al più poteva starsene a guardare. Veniva di raro, per questo, con noi. In genere rimaneva in casa, occupato a leggere, a disegnare figure colorate […]“.
Cagliari è una piccola città culturalmente vivace; funzionano due teatri, alcuni cinema e circoli con sale da concerto e per conferenze. vi si pubblicano tre quotidiani: l’Unione Sarda, sulle posizioni dell’onorevole Cocco Ortu, notabile locale più volte deputato; Il paese, di tendenze radicali; il Corriere dell’isola, clericale.
Raffa Garzia, direttore dell’Unione Sarda e professore di lettere al liceo, ha modo di apprezzare le qualità intellettuali dell’allievo Gramsci e ne diventa amico. Nell’estate 1910 gli affida per il giornale l’incarico di corrispondente da Aidomaggiore, un paese vicino a Ghilarza. Il 26 luglio compare il primo pezzo giornalistico di Antonio: una breve ma arguta cronaca sullo svolgimento delle elezioni locali.
L’anno seguente Antonio conclude brillantemente gli studi liceali. In ottobre parte per Torino per concorrere a una borsa di studio del Collegio Carlo Alberto che gli permetta di proseguire gli studi all’univeristà.

Renato Figari, compagno di Antonio al liceo, ricorda: “Dopo un iniziale periodo di disorientamento, Gramsci si era inserito molto bene nella vita scolastica. Anche se, secondo me, sentiva il peso della sua minoranza fisica. E poi le sue condizioni economiche non gli consentivano certo di vivere come la maggioranza di noi, suoi compagni di scuola, che provenivano tutti da famiglie relativamente agiate. A volte partecipava ai nostri scherzi; a teatro quando c’era da fischiare si esibiva fischiando alla maniera dei pastori sari e bisognava sentirlo perchè era veramente singolare […] Abitava in una poverissima pensione di via Principe Amedeo e più tardi in un’altra, se possibile ancora più squallida, del corso Vittorio Emanuele: stanzette umide e buie dove riuscire a vivere e a studiare era un miracolo che solo la sua forza di volontà poteva compiere. L’ho sempre visto, estate e inverno, con la stessa giacca a quadretti, misera e consunta; non ha mai posseduto i soldi per acquistare un cappotto. Non amaca la passeggiata, ma qualche volta riuscivamo a convincerlo e allora interveniva nelle nostre conversazioni con osservazioni acute sul carattere dei cagliaritani, sui loro usi e costumi, sulle loro qualità e i loro difetti. Leggeva moltissimo”.
Io avevo spiccatissime tendenze per le scienze esatte e per la matematica, da ragazzo. Le ho perdute durante gli studi ginnasiali, perchè non ho avuto insegnanti che valessero un poco più di un fico secco. Così dopo il 1° anno di liceo, non ho più studiato matematica, ma ho invece scelto il greco (allora era opzionale); però in 3° anno di liceo ho dimostrato improvvisamente di aver conservato una ‘capacità’ notevole. Succedeva allora che in 3° anno di liceo bisognava, per studiare la fisica, conoscere gli elementi di matematica che gli alunni che avevano optato per il greco, non avevano l’obbligo di sapere. Il professore di fisica, che era molto distinto, si divertiva un mondo a metterci in imbarazzo. Nell’ultimo interrogatorio del 3° trimestre, mi propose delle questioni di fisica legate alla matematica, dicemndomi che dalla esposizione che ne avrei fatto sarebbe dipesa la media annuale e quindi il passaggio di licenza con o senza esame: si divertiva molto a vedermi alla lavagna, dove mi lasciò tutto il tempo che volli. Ebbene, rimasi quasi mezz’ora alla lavagna, mi imbiancai di gesso dai capelli alle scarpe, tentai, ritentai,scrissi, cancellai, ma finalmente ‘inventai’ una dimostrazione che fu accolta dal professore come ottima, quantunque non esistesse in nessun trattato. Questo professore conosceva mio fratello maggiore a Cagliari, e mi tormentò con le sue risate ancora per tutto il tempo della scuola: mi chiamava il fisico grecizzante” (Antonio Gramsci)
Cena con Gramsci
Testo Elettra Stamboulis
Disegni Gianluca Costantini
Collezione Biografie
128 pagine, brossura, colori
15.00 euro
www.beccogiallo.org