di Silvia Colombo
in Nèura Magazine, 5 novembre 2012

“Fiato d’artista” – Parola alle immagini: il tratto di Gianluca Costantini
Il lavoro di Gianluca Costantini, grafica tagliente e illustrazione fumettistica debitrice di media come la pittura e la fotografia, è più impegnato che spensierato. Una voce che emerge dal coro della collettività, politicamente corretta o scorretta che sia: la parola alle immagini.
Esprimere lo Zeitgeist, lo “spirito del proprio tempo”, significa dare corso alle idee e gettarsi senza ripensamenti nel flusso perenne degli eventi. Prendere una posizione, schierarsi. C’è chi lo fa entrando nel mondo politichese, chi scrivendo e chi disegnando.
Senza dubbio quest’ultima è la scelta che, ormai da qualche anno, guida la mano di Gianluca Costantini.
Nato a Ravenna nel 1971, formazione artistica presso l’istituto d’arte della città, l’autore ha alle spalle una produzione ricca e varia ed è oggi illustratore, docente, direttore artistico della casa editrice GIUDA, nonché curatore di Komikazen, rassegna dedicata al fumetto di realtà.
Sin dagli esordi, alla fine degli anni novanta, egli coltiva e porta avanti uno stile più affettatamente decorativo – le tecniche sono varie, dal mosaico, appartenente a una forte tradizione territoriale, al disegno caratterizzato da un tratto sintetico e lineare, rievocante le forme dello Jugendstil mitteleuropeo.
I fumetti e le illustrazioni nati in tale contesto attingono a un dizionario diviso tra il passato rigoroso eppure innovativo dell’arte bizantina di Ravenna, la fine dell’Ottocento e un futuro che ancora non conosciamo. Sguardi severi, pose congelate e decorazioni geometriche sono solo alcuni degli elementi ricorrenti in un universo che sembra non avere confini.
Parallelamente, dal 2004, Costantini si dedica a un nuovo filone tematico, sotto il segno della politica e degli avvenimenti più scottanti dell’attualità. In questo caso, pur continuando a creare un mondo che iconograficamente non ha età, utilizza uno stile più ‘urbano’ e cala le sue rap- presentazioni in un presente che, ahimè, è sin troppo riconoscibile.





Se i disegni intitolati Preraffaelliti introducono sì il colore in un mondo che prima era solo bianco e nero, ma sono ancora contenutisticamente neutrali – le figure rappresentate appartengono a un discorso meta-artistico e lo stile rimanda chiaramente ai grandi maestri del passato, da Chagall a Gauguin – i lavori di G8NOVA (2009) e, ancor più i Political Comics (2004-2012) non risparmiano nomi, luoghi, fatti e persone.
Entrando più nel dettaglio, poiché si tratta di due serie molto differenti tra di loro, G8NOVA è “una necropoli politica e poetica su carta, la cartografia del movimento anarchico con sfondo il cimitero di Staglieno”. In altre parole, Costantini compie una riflessione sulla storia attraverso interventi pittorici manuali su stampe e immagini preesistenti – i monumenti cimiteriali del capoluogo ligure -, ritraendo figure di anarchici illustri, come Bakunin o Ravachol, criminale anarchico di origini francesi, e aggiungendo inserti verbali scritti a mano che possiedono una valenza quasi didascalica.
L’esito, di forte impatto visivo, genera delle lapidi contemporanee che attingono solo da lontano alla naïveté linguistica da strada, di un Basquiat, per intenderci, o alla colorazione per campiture uniformi di un Warhol a caso, per spiccare il volo verso un’autonomia più attuale e tutta italiana.



Infine Political Comics è un corpus costituito da un insieme di lavori sparsi, pubblicati su testate e periodici italiani e internazionali, accomunati da una forte spinta informativa (ricordiamoci che l’impatto delle immagini può essere ancora più elevato delle parole).
Solo nel 2Ol2 Gianluca si è occupato delle elezioni in Senegal, del tema dei prigionieri di guerra (War prisoners, l’altra faccia delle guerre) e ha eseguito un sintetico quanto efficace ritratto di Rossella Urru, la cooperante italiana rapita nel 201 1 in Algeria (rilasciata lo scorso luglio), a favore della sua liberazione.
Gli scenari si semplificano, le persone e gli oggetti rimangono sospesi – eppure quantomai radicati alla realtà – le linee si fanno flessuose e il colore appare solo per sottolineare la presenza di alcuni dettagli, come le tute arancio dei prigionieri di guerra che tutti, ma proprio tutti, ricordiamo.