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Gianluca Costantini
Reality

La vita a fumetti

di Roberta Bezzi
su IN Magazine Ravenna, novembre – dicembre 2013
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Mostre, libri, collaborazioni. È un lavoro a tutto tondo scandito dal ritmo di immagini e parole quello di Gianluca Costantini, artista che si affida al linguaggio del fumetto. Raccontando personaggi illustri, sognando Istanbul.

La sua passione per i fumetti na- sce da bambino leggendo prima Topolino e poi le storie dei supere- roi. Dividendosi fra l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e Bologna e il lavoro nel mondo dell’arte, Gianluca Costantini ha fatto del disegno – potente mezzo espressivo che unisce imma- gini e parole – il suo campo di pre- dilezione, diventando curatore di mostre di fumetto e del festival Komikazen, nonché direttore artistico di Giuda Edizioni. In questi ultimi mesi, sono usciti ben quattro libri che contengono sue illustrazioni.


Costantini, cosa hanno in comune “Bronson Drawings” e “Cattive abitudini”?
“La commistione di musica e scrittura, arte e fumetto. Il primo è frutto di due anni di collaborazione con il Bronson, luogo in cui band, artisti, solitari cantanti folk da tutto il mondo anelano di suonare. Il risultato è un libro in cui illustro con i disegni tutti i gruppi che hanno suonato lì, in tutto una novantina, utilizzando tec- niche molto diverse fra loro, maneggiando i colori come fossero strumenti. Il secondo nasce invece insieme a Emidio Clementi, can- tante e bassista dei Massimo Volume, immaginando di trasporre in fumetti i testi di dodici canzoni dell’omonimo album restituendo per immagini personaggi, atmosfere ed emozioni. Un vero e proprio fumetto musicale”.

In “Arrivederci Berlinguer” e “L’ammaestratore di Istanbul” si toccano invece temi più di tipo socio-politico…
“Sono stati scritti entrambi da Elettra Stamboulis. Nel primo, si ripercorre la vicenda personale e politica di Enrico Berlinguer, un modello di passione politica au- tentica, di coerenza e impegno, unitamente alla storia d’Italia di quel periodo. Nel secondo invece si parla di Osman Hamdi, il più importante pittore figurativo di tradizione islamica, che è stato anche archeologo e politico nei primi del Novecento”.

È vero che si sente a casa solo a Istanbul?
“Sì, ho avuto una specie di fascinazione per quella città, dieci anni fa, la prima volta che l’ho visitata. Da allora, appena posso, ci ritorno e sarà capitato almeno quindici volte. Mi piace molto la gente e l’estetica, l’arte islamica e calligrafica che fanno ormai parte del mio stile. È una città che cambia ogni giorno, che sta conoscendo un certo boom economico e demografico”.

C’è una storia che le piacerebbe disegnare?
“Essendo iper-produttivo ho sempre tante idee in testa

Personaggi in fumetto

da realizzare. Sto lavorando a un libro sullo scrittore Hermann Hesse per illustrare la seconda guerra mondiale, a partire dal suo movimento pacifista e dalle sue lettere contro la violenza delle armi. Poi mi piacerebbe raccontare la storia di quel mese non molto lontano in cui sembrava dovesse scoppiare la terza guerra mondiale contro la Siria, facendo luce sui numerosi giochi politici, dal Papa a Putin”.

Pensa che Ravenna sia pronta a divenire capitale europea della cultura nel 2019?
“Tutte le città lo sono se ci sono i soldi per farlo. Di certo rispetto ad alcuni anni fa Ravenna è uscita dal suo atavico isolamento. Spesso accadono più cose qui che a New York e i turisti arrivano a frotte. Ma manca ancora un pubblico ra- vennate, soprattutto di giovani, in grado di apprezzare l’arte. Agli eventi c’è sempre lo stesso zoccolo duro di persone. Manca la curiosità, e in questo Ravenna continua a essere provinciale. Forse la candidatura darà la spinta giusta”.

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