
di Silvano Mezzavilla
da Il Mattino di Padova
È giovedì 7 giugno 1984. Fa freddo. Alle 21.30, dopo aver scritto le risposte ad alcune domande formulate da Lamberto Sechi, direttore del “mattino di Padova”, e incontrato una delegazione di operai della Galileo, Enrico Berlinguer, segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972, entra in Piazza della Frutta, a Padova. Lo accolgono migliaia di persone che scandiscono il suo nome e l’accompagnano con applausi mentre sale sul palco. Le telecamere della Rai riprendono la folla, poi si fermano sul volto piano di Berlinguer.
Parla con toni appassionati per mezz’ora, poi viene colpito da un ictus e le parole si spezzano. La gente lo vede aggrapparsi al leggio, sorseggiare dell’acqua con mano tremante; e si rende conto di assistere a un dramma. Qualcuno dalla piazza lo implora di fermarsi. Pronuncia a fatica la frase che conclude il discorso, poi – sono le 22,30 – sostenuto dai compagni di partito, scende dal palco. Morirà l’11 giugno nella clinica neurologica di Padova. Sandro Pertini, che accorre all’ospedale, dispone che la salma venga portata a Roma sull’aereo presidenziale e dichiara: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta». Da qui, dall’ultimo discorso del leader comunista – rievocato utilizzando fotogrammi della sequenza televisiva – prende il via l’ultima opera a fumetti di Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini che, col titolo “Arrivederci Berlinguer” (15 euro), l’editrice Becco Giallo ha da pochi giorni distribuito in libreria. Non si tratta, però, di un convenzionale graphic novel o di una biografia illustrata. Nella stesura del racconto, Elettra Stamboulis rievoca la vita dell’uomo che fu modello di passione politica e di integrità morale, per intrecciare ad essa tanta parte dei propri ricordi e dei propri ideali, da quando, tredicenne, partecipò con centinaia di migliaia di italiani al funerale di Enrico Berlinguer. Continua