
di Guido Vitiello
su Il Foglio del 10 dicembre 2013
…È illuminante rileggere, all’indomani delle primarie, la recensione che l’Unità dedicò al film, dove sequenze di Bertolucci e Pasolini (altro feticcio vintage e assillo nostalgico del melodramma postcomunista) si alternano alle riprese dei volti dei compagni ammaliati dalla voce del Segretario, il tutto con un’estetica della “bassa definizione” che esalta le imperfezioni visive e sonore per dare, con un artificio, il senso di una realtà meno artificiale: “La sua voce echeggia sopra le folle di militanti, sui primi piani dei volti, delle bandiere, dei pugni chiusi. Uomini e donne, corpi, persone reali, quando ancora la politica non aveva conosciuto la ‘smaterializzazione’ della rete (…) in un’Italia che da lì a poco avrebbe conosciuto il baratro e la perdita di identità che oggi conosciamo tutti”. Le pellicole sgranate d’epoca come ultima chance di un ricongiungimento tutto immaginario con i “corpi” delle “persone reali”, con il fantasma di una comunità assente. Continua