
di Alberto Sebastiani
su la Repubblica SERA, 22 dicembre 2014
Trama. E’ un libro composito Officina del Macello, 1917 La decimazione della Brigata Catanzaro di Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini (Eris). Si apre con due brevi saggi storici di Giulia Sattolo e Matteo Polo sulla storia della Brigata, prosegue con il fumetto e si chiude con altri due saggi di Sergio Dini, Lorenzo Pasculli, Silvio Riondato e Massimo Vitale. Le circa 80 pagine del fumetto dialogano coi saggi e raccontano la più grande rivolta avvenuta nell’esercito italiano durante la Prima guerra mondiale, nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1917 a Santa Maria la Longa, della Brigata Catanzaro. Protagonista è un battaglione di fanti più volte elogiato, con riconoscimenti ufficiali, che, dopo aver valorosamente combattuto in prima linea, sfinito, si vede diminuire senza preavviso un periodo di riposo. E si ribella. Non è la rivoluzione. è la sfiducia, la rabbia, la miseria, la sofferenza che reagisce all’inganno, al sopruso, all’indifferenza burocratica di comandanti che considerano i fanti come proverbiale carne da macello. La rivolta è sedata subito e punita con la fucilazione dei 16 catturati con le armi in mano e di 12 uomini per decimazione, cioè per scelta casuale di un decimo dei 120 ritenuti ribelli. In tutto 28 persone, non tutte ancora note agli storici, fucilate davanti agli occhi di Gabriele D’Annunzio, che ne fa una solenne descrizione.
Stile. Il volume ospita anche brevi schede biografiche dei protagonisti, illustrate da ritratti di piccolo formato. L’elemento grafico accompagna però anche i saggi, le cui prime riche sono per altro scritte con caratteri che richiamano la grafia delle lapidi. E’ però nel fumetto che le parole della Stamboulis interagiscono in maniera davvero ricca con la matita di Costantini (artista che usa fumetto e disegno come mezzi d’intervento politico, denuncia e (contro)informazione, e che proprio in questi giorni è in libreria anche con un altro volume, scritto sempre con la Stamboulis, intitolato Pertini fra le nuvole, BeccoGiallo). In Officina del Macello il racconto procede per brevi scene, come flash, che si accendono tra gli ufficiali, i comandanti e i soldati. E’ un racconto di poche ore, in bianco e nero, con testo composto anche da citazioni letterarie e di discorsi politici, da documenti ufficiali come atti processuali e privati come una lettera ai familiari. Un racconto disegnato con mildi diversi stili, dal bozzetto allo schizzo realista e all’immagine metaforica, come tante sarebbero le voci e le storie da raccontare. Quei fanti diventano così persone con nome e cognome, famiglia e sogni, Come Domenico Ganandrea, contadino di Salcito, due figli, una delle 28 vittime. E intrecciate a queste storie ci sono i dialoghi tra gli ufficiali, e le parole di personaggi come Luigi Cadorna, in scena per 4 tavole disegnate alla Depero, o il racconto di D’Annunzio, nelle 7 pagine che aprono il libro, che si concludono col ritratto del vate tra le silhouette delle vittime.
Pregi e difetti. La vignetta coi fanti che corrono in stazione cercando un treno per tornare a casa dice meglio di tante parole l’umanità di quella rivolta, reazione a una situazione insopportabile. Riportare in vita questa storia dimenticata, mettere in scena figure dostoevskiane umiliate e offese, è un’iniziativa gramscianamente “partigiana”, perché gli autori prendono nettamente le parti dei fanti, e facendolo mostrano come l’interazione tra parole e immagini, saggio e fumetto, narrazione e storia, possano proficuamente dialogare contro l’oblio.