di Silvia Manzani in Settesere, 30 aprile 2021

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«Non è stato facile immaginare la Libia. Perché le poche immagini pubbliche, su Internet, riguardano guerre, scontri, conflitti. E perché sui propri profili social, i libici postano ben poco, sarà per la paura di essere controllati, quel retaggio della dittatura di Gheddafi che ancora si portano dietro». Gianluca Costantini, fumettista ravennate, nel 2019 ha pubblicato insieme alla giornalista Francesca Mannocchi la graphic novel «Libia» (Mondadori), scritta mentre in Italia Matteo Salvini era Ministro dell’Interno e la narrazione dominante sui migranti era quella dell’invasione, dell’emergenza sbarchi e della criminalizzazione della figura dello scafista. Uno stereotipo che il libro smonta in quattro mosse descrivendolo, a sua volta, come un migrante, uno dei più scaltri ma comunque individuato dagli uomini che gestiscono il traffico di esseri umani sulla pelle di chi cerca una vita migliore in Europa. Gli stessi che gli mettono in mano una bussola, un Gps e un satellitare perché loro, su quei barconi, a rischiare la vita non salirebbero mai: «Io stesso, confrontandomi con i racconti e i testi di Francesca, che al contrario di me in Libia ci è stata e che proprio per questo ho poi cercato per una collaborazione, ho scoperto aspetti che non conoscevo e ho chiarito dentro di me tanti dubbi. Non è facile, da fuori, capire le dinamiche socio-politiche che attraversano il Paese da quando il regime di Gheddafi è stato rovesciato dieci anni fa. Se, per esempio, pos- siamo essere indotti a pensare che si tratti di un Paese povero solo perché lo associamo alla tratta dei migranti, ci sbagliamo. La Libia è uno dei Paesi più ricchi dell’Africa grazie alle risorse di gas e petrolio e anche se è in mano alle milizie armate, è piena di Suv che girano per strada.
Immagini contrastanti ma che spero il nostro libro abbia contribuito a semplificare, per una comprensione più efficace di un fenomeno che, se visto da questa parte del Mediterraneo, appare davvero complicato». In questa estrema complessità che i disegni di Costantini provano, insieme alle parole della coautrice, a sbrogliare, c’è anche la questione del ruolo dei Paesi occidentali, tra cui l’Italia. Non c’è solo il gasdotto che collega le coste libiche a Gela, in Sicilia, a ricordarcelo: «Di recente il premier Mario Draghi ha fatto visita a Tripoli, non certo per motivi umanitari. In Libia il petrolio è un business così come lo è l’instabilità. Ecco perché abbiamo davanti un Paese disastrato, con poche speranze di rimettersi in sesto. Il libro, in ogni caso, è anche un omaggio a un luogo prezioso, alle persone che ci vivono e a quelle che vi transitano. In questo senso, ho cercato di ritrar- lo con rispetto, come fosse una per- sona. Spero sia stata un’operazione utile».