di Ottavia Spaggiari per ActionAid Italia,
pubblicato il 25 novembre 2021

La storia è quella di Chiara (il nome è stato cambiato per motivi di sicurezza), ma richiama elementi comuni alle esperienze di migliaia di altre donne in Italia. Il compagno di Chiara aveva iniziato a diventare sempre più abusivo dopo la nascita del figlio, fino a quando non aveva deciso di lasciarla, per poi ritornare da lei poco dopo. Quando Chiara aveva rifiutato di rimettersi insieme, le violenze erano diventate impossibili. “Da lì la situazione è degenerata ulteriormente, sfociando anche in aggressioni fisiche,” racconta Chiara ad ActionAid, spiegando che gli abusi fisici erano l’ennesima dimostrazione del controllo che l’uomo pretendeva di esercitare sulla sua vita da anni. “Ero sfiancata, stanca, esasperata, molto spaventata,” continua Chiara. “E francamente lui si beava anche tanto di questo terrore.”
È stato allora che Chiara ha deciso di rivolgersi alle forze dell’ordine. “Il che non ha dato assolutamente nessun esito all’inizio,” spiega. Chiara ha dovuto sporgere diverse denunce prima di essere ascoltata e di ottenere l’avvio di un procedimento penale. Un’esperienza vissuta da molte donne che subiscono violenza nel nostro Paese. Nel 2017 la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per la sottovalutazione del rischio e i ritardi nell’apertura delle indagini dopo la denuncia della violenza nel caso Talpis, in cui lo stato non aveva agito tempestivamente per proteggere una donna e i suoi figli dal marito violento. L’uomo aveva poi ucciso un figlio e cercato di assassinare anche la moglie. Continua
