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Gianluca Costantini
Political Comics

Il vignettista Costantini: «La mia matita per Patrick Zaki divenuto icona dei diritti umani»

«Il disegno di lui avvolto dal filo spinato? Lo realizzai di getto. Poi ebbe vita indipendente. Sono in contatto con la sorella, la famiglia mi ha ringraziato» di
di Daniela Corneo

Pubblicata su il Corriere di Bologna, 8 dicembre 2021

Era l’8 febbraio del 2020. Era circolata da poche ore la notizia dell’arresto di Patrick Zaki in Egitto, di cui il 7 dicembre è stata annunciata la scarcerazione, quando in rete comparve la sua prima vignetta sullo studente dell’Alma Mater:il lavoro in bianco e nero con Patrick avvolto nel filo spinato che è di fatto diventato in questi 22 mesi il simbolo dell’ingiustiziae della privazione della libertà. Dopo quasi due anni Gianluca Costantini, 49 anni, fumettista e illustratore professionista impegnato per i diritti umani, che nel frattempo è stato assunto a tempo indeterminato all’Accademia di Belle Arti di Bologna dopo 10 anni a contratto, è diventato il punto di riferimento grafico della mobilitazione per la scarcerazione dello studente egiziano.

Costantini, lei è diventato per tutti il «disegnatore di Zaki». Ormai la storia di Patrick è legata indissolubilmente alla sua. Stando nel campo che conosce meglio, qual è la prima immagine che le è venuta in mente, quando ha saputo della sua scarcerazione?
«Ho pensato a Patrick che esce dal carcere e afferra il sole. Il ritorno alla luce dopo il buio. Difficile da immaginare, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente».

Come nacque la prima vignetta di Zaki, quella che ha fatto letteralmente il giro del mondo?
«Collaboro come disegnatore con Amnesty International e quando iniziò a circolare la notizia dell’arresto di Patrick feci quella prima vignetta di getto. Quel disegno è poi rimasto impresso a tutti per quello sguardo sereno di Patrick in contrasto con il filo spinato che lo avvolge. Pochi giorni dopo è esplosa la pandemia, è arrivato il lockdown e quindi quell’illustrazione è diventata di fatto l’unico strumento per tenere alta l’attenzione sul suo caso».

E a un certo punto il disegno ha avuto una vita sua…
«Ha iniziato a circolare così tanto che ne ho perso il controllo, è diventato un’icona, perché le persone l’hanno quasi sostituito al Patrick vero che non potevamo avere con noi. E poi c’è stato un ulteriore passaggio: lo stesso Patrick è diventato un’icona dei diritti umani; grazie a lui si è acceso l’interesse sui casi simili al suo che coinvolgono gli attivisti di molti altri Paesi».

In Turchia lei è stato anche condannato per i suoi disegni.
«Sono stato accusato di terrorismo dal governo turco per delle vignette che ho fatto dopo il colpo di Stato del 2016. Sono stato processato in contumacia e sono considerato nemico dello stato turco, dove non potrò mai andare. Il governo turco chiese anche a Twitter di chiudermi il profilo, ma la richiesta fu negata ».

Ha avuto contatti con la famiglia di Patrick in questi 22 mesi?
«Sono in contatto con sua sorella, mi hanno ringraziato per i disegni. È una famiglia coraggiosa, si sono esposti sapendo di rischiare. Nonostante il dolore non hanno mai perso la speranza». Continua

Patrick Zaky / Corriere di Bologna

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