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Gianluca Costantini
Political Comics

Io disegno chi scompare e l’ho fatto anche per Zaki. Ma so che lui tornerà

A cura di Ilaria Venturi in La Repubblica Bologna,
Venerdì 17 dicembre 2021

Il primo disegno l’ha fatto poche ore dopo che si era diffusa la notizia dell’arresto di Patrick Zaki al Cairo, il 7 febbraio 2020: ricci, barba e occhiali, il filo spinato intorno. È diventato il simbolo della campagna di Amnesty, è la gigantografia apparsa in piazza Maggiore e ora sotto le Due Torri. Da quel giorno Gianluca Costantini, 49 anni, fumettista ravennate che all’Accademia di Belle Arti di Bologna insegna “Arte del fumetto”, non ha mai smesso di disegnare lo studente egiziano iscritto all’Alma Mater, imprigionato in Egitto per 22 mesi.

Costantini, come è nato quel primo disegno?
“Mi avvertì un attivista anonimo su Twitter: Patrick era atterrato all’aeroporto del Cairo ed era sparito, non si sapeva nulla di lui, per alcuni giorni si parlò anche di torture. Disegno da anni le persone che scompaiono in questo modo, così lo feci anche per questo ragazzo”.


Uscirà per Feltrinelli un suo libro illustrato sulla storia di Zaki, disegnato e scritto con Laura Cappon: cosa l’ha spinta a seguire questa vicenda?
“Ho cominciato a informarmi su di lui, già da prima ero in contatto con l’Eipr, l’Ong con cui Patrick collaborava, poi ho seguito il flusso di un movimento popolare che andava sostenuto, anche con la mia arte”.

Che effetto le ha fatto vedere Patrick libero?
“Sono felice, ma l’effetto è stato straniante, per me ormai era un disegno. La sua sagoma era diventata ovunque l’emblema del suo corpo assente. L’icona di Zaki è servita per parlare di tutti gli altri detenuti politici nel mondo, per sollevare il tema dei diritti umani in Italia. In occasione dell’udienza del 7 dicembre ho inaugurato a Ravenna la mostra “The social Drawing” per far capire come essere attivisti, usando uno strumento apparentemente innocuo come il disegno, porti ad essere in prima linea diversi casi in cui un diritto viene pubblicamente violato”.

Si aspettava la sua liberazione?
“Al presidio alla vigilia dell’udienza ai Giardini Margherita ero il più negativo. Non ci credevo più, invece è successo. Ma non c’è mai stato niente di razionale in Egitto”.

Vi siete sentiti?
“Mi ha contattato su Facebook e mi ha dato appuntamento per una videochiamata. Emozionante. Gli avevano parlato molto dei disegni i famigliari quando lo andavano a trovare in carcere, ma lui non li aveva mai visti. La sua immagine in piazza Maggiore l’ha colpito più di tutti, mi ha detto che non aveva mai riflettuto su quanto l’arte potesse aiutare le lotte per i diritti umani. Mi vuole incontrare quando sarà a Bologna, ne sono onorato. Abbiamo parlato molto , non siamo andati in profondità. Ma ora che Patrick c’è, speriamo che non ci sia più bisogno di disegnarlo”.

Patrick Zaky

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