di Ottavia Spaggiari per ActionAid Italia,
pubblicato l’8 marzo 2022

È un fenomeno silenzioso, sommerso, eppure diffuso, quello delle mutilazioni genitali femminili. Di questa pratica si parla poco, spesso utilizzando l’acronimo MGF, non solo perché si tratta di un termine lungo da pronunciare, ma anche perché nominare una tipologia di violenza di genere così specifica e vivida rimane, ancora oggi, un tabù.
Espressione della cultura patriarcale, che prescinde dal contesto geografico ed è slegata da qualsiasi dettame religioso, questa pratica attraversa i continenti: secondo Unicef, sono oltre 200 milioni le donne e le ragazze ad aver subito mutilazioni genitali in 92 Paesi del mondo. Il motivo per cui si utilizza il plurale è che l’Organizzazione Mondiale della Sanità distingue le mutilazioni genitali femminili in quattro tipologie. Poiché le conseguenze fisiche e psicologiche variano a seconda dell’esperienza individuale e della tipologia di intervento, però non vi è una scala di gravità. Continua



