Il libro disegnato da Costantini portato in scena da ErosAntEros
di Serena Simoni
in Palcoscenico 2022-2023

Generazioni di artisti a confronto, “Quando si ascoltano le vite degli altri, bisogna fare un passo indietro”. La frase – evidenziata nell’ultimo lavoro teatrale di ErosAntEros – ricorda il titolo di un indimenticabile film sulla concezione del Nemico, su come una dittatura, nel caso quella della DDR, poteva entrare nelle vite degli altri, distruggerle, e di come occorra mettersi in ascolto per poterle comprendere e salvare. Nel lavoro della compagnia ravennate l’invito ad ascoltare si cala in un contesto storicamente del tutto diverso ma umanamente assai simile: quello della Libia di oggi, il paese del dopo Gheddafi che ha visto le violenze dell’ISIS, una guerra civile sanguinosa, l’accordo internazionale per la creazione di centri di detenzione oltre i limiti dell’umano in cui vengono stoccati i migranti clandestini, quelli rigurgitati ancora vivi dal mare. Si parla della Libia dove i barconi continuano nonostante tutto a salpare radunando uomini, donne, bambini da gran parte dei paesi africani in una continua sfida alla morte. Perchè tanto è quella già a loro destinata nei paesi di provenienza e quindi, tanto vale provarci.
L’ascolto, oggi più che mai necessario pensando alla nomina dell’attuale Ministro degli Interni Piantedosi, braccio destro di Salvini, è il filo che sostiene questo lavoro teatrale in cui la recitazione si intreccia con immagini e musica seguendo una partitura precisa, ritmata dallo stesso svolgersi dei disegni di Gianluca Costantini, attivista e graphic journalist ravennate riconosciuto a livello globale. L’ispirazione è il libro Libia, uscito per Mondadori nel 2019, disegnato da Costantini sulla base del lavoro giornalistico di Francesca Mannocchi, inviata per due anni fra il 2018/19 ed esperta del paese libico, con la collaborazione per la sceneggiatura di Daniele Brolli, scrittore, illustratore e saggista italiano.
Sei le voci intervistate in Libia per sei storie di uomini e donne comuni – fra cui uno scafista, una guardia in un centro di detenzione, un detenuto politico scampato all’eccidio del 1996 nella prigione di Abu Salim – che raccontano una vita di quotidiana violenza descrivendo dall’interno un paese sconosciuto, in cui da anni è proibito scattare solo delle semplici fotografie per strada. Il paese sale alle pagine della ribalta internazionale solo in casi rari, quando la notizia costituisce un obbligo: come ricorda Costantini, in Italia nel 2021 la percentuale dell’interesse dei media italiani a quanto avviene nell’intera Africa ammonta ad un misero 4% per calare al 2% se si tratta del continente sudamericano. Appare chiaro dunque la spinta che ha mosso la generazione del libro: smettere di essere complici di un silenzio che getta una profonda ombra di vergognose reticenze sul nostro paese.

Gianluca ha dovuto affrontare le difficoltà della mancanza di immagini: quel poco ricevuto da Francesca è stato integrato col materiale di altri inviati e con immagini reperite su profili ancora accessibili in rete. Inutile anche GoogleMaps a cui è interdetto l’accesso in tutta l’area geografica libica. Quello che è il succo del racconto chiarisce quanto probabilmente tutti sanno, che dietro alle guerre, alle violenze dell’intero nord Africa c’è sempre e solo un giro di potere e denaro declinato in soldi, armi o oro nero. La graphic novel – basata sulla realtà – restituisce in modo immersivo la quotidianità della gente comune restituendo la storia del paese: non un monte di dati anonimi, un contesto frazionato da conoscenze parziali, ostacolato dalla lettura spesso incidentale della news. Come in un film, la graphic novel ti porta dentro, rivela volti e memorie, testimonia anche silenzi e non detti, inesprimibili tramite le parole scritte.
Alla lettura del testo nel 2019, Agata Tomšič e Davide Sacco hanno deciso che un ulteriore passaggio di testimonianza poteva essere la riduzione teatrale del testo. Contattato Costantini, con cui la compagnia ErosAntEros ha già da tempo un rapporto di collaborazione per la comunicazione visiva dei progetti, il lavoro si è avviato più di anno fa, a cominciare dalle modifice apportate da Majid Bita e Michele Febbraio al formato delle immagini e all’animazione di alcuni particolari che intensificano la sensazione di vita. Le immagini si alternano seguendo quasi alla lettera la graphic novel; scandiscono il percorso insieme alla colonna musicale di Bruno Dorella su cui si inseriscono le due voci di Agata Tomšič – che presta voce alla giornalista – e di Younes el Bouzari che dà voce ai singoli intervistati. Davide Sacco alla regia ha scelto una partitura vocale poco espressiva, quasi documentaria, recuperando quella “voce epica” già teorizzata da Bertold Brecht, uno dei massimi esponenti del teatro politico: la voce così impostata obbliga lo spettatore a entrare nell’azione scenica, lo costringe a decidere da che parte stare rinunciando ad ogni forma di abbellimento, seduzione o piacere. Agli spettatori viene chiesto di scegliere se ascoltare – e spesso piangere nel buio della sala – o arrabbiarsi contro un teatro che racconta solo le vite degli altri.