Corriere della Sera, venerdì 9 dicembre 2022, Anno. 147 – N°292

Mohsen Shekari il primo, altri undici (almeno) dopo di lui. Dalla magistratura iraniana non trapelano i nomi dei manifestanti condannati a morte per le proteste che da settembre infiammano il Paese, ma solo un numero. Undici. Amnesty International ipotizza che a rischiare l’esecuzione siano almeno 28. I nomi sono tenuti «volutamente nascosti dalle autorità della Repubblica Islamica», così la ong Iran Human Rights – سازمان حقوق بشر ایران (che ha base in Norvegia). «Lo scopo è ridurre i loro contatti con le famiglie, e impedire un equo accesso alla difesa». Lunedì il capo della Giustizia iraniana Gholam-Hossein Mohseni-Ejèi ha annunciato che «le sentenze inflitte per le proteste» saranno presto eseguite, e il 23enne impiccato ieri è stato, appunto, il primo.
“Iran, undici condannati a morte in attesa tra confessioni estorte, minacce e torture: chi sono” di Irene Soave su il Corriere della Sera, Leggi

Nella lingua del regime, l’impiccagione del ventitreenne Mohsen Shekari vuol dire «benvenuti in un altro livello», spiega dalla sua casa in #CanadaHoma Hoodfar, 72 anni, professoressa emerita di antropologia alla Concordia University di Montreal e scrittrice iraniana che nel 2016 ha conosciuto il carcere di #Evin, a #Teheran, accusata di stare lavorando a uno studio sul ruolo delle donne in politica.
Il «nuovo livello» di cui parla Hoodfar è quello delle violenze: «Per Alì Khamenei e Ebrahim Raisi, le esecuzioni sono pratiche quotidiane. L’Iran è uno dei Paesi che più utilizza la pena di morte». Secondo l’Iran Human Rights, nel 2022 più di 500 persone sono già state giustiziate, ma Shekari è il primo tra i manifestanti.
Intervista di Greta Privitera per il Corriere della Sera, Leggi
Un grande onore per me essere nella seconda e terza pagina del Corriere della Sera con i miei disegni sulle proteste in…
Pubblicato da Gianluca Costantini su Venerdì 9 dicembre 2022