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Gianluca Costantini
Political Comics

Il disegno sociale

di Gianluca Costantini, pubblicato in “Human Rights Portraits“, Becco Giallo, 2023

È il mattino, con il suo azzurro stampato in alto, con i miei occhi che non si aprono, dopo una notte tranquilla di sogni annebbiati. La luce si insinua, sempre, dalle finestre e imbianca le pareti di casa come se volesse pulirle. Mi muovo tra queste, faccio colazione mentre un cane mi fissa dal divano. Non c’è mai nessuno in casa al mattino, tutto è immobile e la mia città di provincia è serena. Non molto lontano da qui non è così e io mi sento sempre collegato con il mondo instabile: ma non è sempre stato così.

PRIMA

Sono cresciuto in una famiglia con condizioni economiche molto modeste, senza una formazione né politica né intellettuale, tantomeno artistica. Anche se è banale da dire, l’arte mi ha salvato.

Verso i diciassette anni l’arte è diventata un’ossessione, volerne farne parte è diventato un obiettivo ben definito ed egoisticamente trainante; tuttora è così. Tutti i traumi inconsapevoli che avevo subito nella mia vita di bambino venivano cicatrizzati dalle poesie di Rimbaud, anestetizzati dai disegni di Klimt e curati dai film di Greenaway.

Mi feci dei nuovi padri, fumettisti più adulti e insegnanti dell’Accademia e cominciai a prendere dei treni per le città italiane.

Mi sono creato già durante i primi anni dell’Accademia un fitta relazione con artisti e riviste, iniziando a pubblicare molto giovane. Il mio mondo era molto estetico, decorativo pieno di bellezza onirica, continuamente in viaggio per sfuggire dalla realtà.

Ma poi un po’ alla volta questo mondo si è incrinato, dentro di me cresceva un’insoddisfazione, Roberto Daolio un critico d’arte che mi seguiva con interesse un giorno mi disse “C’è qualcosa che non va?”

Aveva percepito il mio malessere, ero bloccato, incagliato, arenato.

DOPO

Poi è arrivata Sarajevo, nel 2001, con le sue pareti perforate dai proiettili, con il suo cimitero sterminato sulla collina, con la mappa per le mine. Ero stato inviato dal GAI (Giovani Artisti Italiani) alla Biennale del Mediterraneo. La guerra era finita da poco e io non ero mai stato in un teatro di guerra. Qui tutto cambiò. Percorsi per giorni le strade della città ignorando gli appuntamenti della biennale e i miei compagni di viaggio. Tutto mi colpiva, gli sguardi, i bambini, le persone che vivevano in case senza pareti e in cui potevi guardare la loro intimità quotidiana.

Tornai a casa con un pesante bagaglio emotivo, il mese dopo partii per Istanbul, ero cambiato e dovevo vedere il mondo che disegnavo.

Pochi anni dopo incominciai ad organizzare eventi con Elettra Stamboulis a Ravenna, la mia città. Incominciammo con Joe Sacco, famoso fumettista maltese, e continuammo con Aleksandar Zograf e Marjane Satrapi, non ci fermammo per oltre quindici anni ad organizzare e soprattutto conoscere. Questi autori di qualche anno più grandi di me mi instillarono inconsapevolmente nuove idee ed energie. Un giorno per. caso sfogliai un libro del fotografo tedesco Ernst Friedrich, “Guerra alla guerra”, un libro fotografico con brevi didascalie che fa luce sulle conseguenza della prima guerra mondiale e che intende mostrare il vero volto della guerra (feriti, mutilati, esecuzioni, sofferenza, miseria e morte). Questo libro mi diede l’idea di realizzare dei disegni politici con sopra la scrittura e per farlo cambiai completamente lo stile di disegno abbandonando tutto quello che avevo fatto nei dieci anni precedenti.

Intitolai la prima serie el indio. Erano una ventina di disegni che raccontavano di piccoli avvenimenti in Palestina, Iran, Filippine, Afghanistan e li pubblicai in una pagina web. Li mandai anche al portale Indymedia e alcuni di questi vennero tradotti in varie lingue. I disegni funzionavano, ricevevo email di ringraziamento oppure richieste di permesso per pubblicarle, non esistevano ancora i social networks e l’email e i forum erano gli unici momenti di condivisione.

Nel 2006 mi iscrissi a Twitter, incominciai a pubblicare i miei disegni in inglese, nonostante non sappia la lingua perché soffro di una dislessia che mi ha reso impossibile impararla. Durante un’intervista con un giornalista di Pen America, gli dissi che non sapevo l’inglese. Lui stupito mi disse che forse era per quello che le mie immagini e i miei testi in inglese erano così diretti, erano costretti dalla semplicità delle parole che dovevo usare e per questo arrivavano così diretti alle persone.

La comunità di Twitter che seguiva il mio profilo crebbe sempre di più, ma non era un profilo mainstream, era un profilo che aggregava le persone che facevano, oppure parlavano, oppure vivevano gli argomenti che disegnavo. Questo strano cortocircuito rendeva virali i disegni, a volte in maniera esponenziale. Ora dopo sedici anni di utilizzo di Twitter posso dire di aver creato una piccola T.A.Z., Zona Autonoma Temporanea, in cui ci si aiuta a vicenda e dove io faccio la mia parte con il disegno. Quasi tutti i giorni da moltissimi anni disegno persone a cui viene tolta la libertà di movimento oppure di espressione, persone che vengono uccise ingiustamente oppure che scompaiono.

Tutte le settimane ricevo messaggi e lettere di genitori oppure amici di queste persone che mi chiedono di fare un disegno, perché può aiutare a divulgare la notizia.

I disegni vengono archiviati sul mio sito www.channeldraw.org che è ormai diventato un piccolo portale di informazione realizzato solo con i disegni, una banca dati che viene saccheggiata continuamente, completamente libera da copyright.

COME FUNZIONA

In questi anni ho approfondito le conoscenze storiche e politiche di alcuni paesi di cui cerco di seguire le news tutti i giorni, sono Turchia, Egitto, Bahrain, Cina, Bielorussia, Libia, Eritrea, Arabia Saudita e Palestina. Sono paesi in cui i diritti umani sono un crimine, dove la tolleranza non è ammessa. Sono in contatto con tantissimi attivisti e giornalisti che lavorano e vivono in questi paesi e con i quali ho un continuo scambio di informazioni e foto. Messaggi arrivano continuamente su soprusi e arresti, io cerco di starci dietro disegnando più casi possibili aiutando più persone. Un lavoro non retribuito, ma realizzato come un’azione artistica, come un’opera in movimento che non finisce mai. Realizzo i disegni in pochi minuti aggiungendo piccoli testi, poi preparo il tweet indicandolo alle persone che so essere interessate al caso. Quando premo il tasto invio, il disegno inizia una sua vita ed entra nelle vite di altre persone, spesso compare nelle mani di persone in luoghi distanti migliaia di chilometri. Nel momento in cui succede so che il disegno sta facendo il suo lavoro e sta modificando nel suo piccolo il corso di quella storia. Il mio intento è quello di essere presente in storie lontane, far parte di alcuni avvenimenti che si stanno realmente svolgendo da qualche parte del mondo e soprattutto inviare un messaggio d’amore a queste persone.

Un messaggio che dice “Non ci conosciamo, ma io ci sono per aiutarvi.”

È successo così anche per il noto caso dello studente egiziano Patrick Zaki. Il 7 febbraio del 2021 un attivista anonimo egiziano con cui sono in contatto da tanti anni mi segnala che un ragazzo egiziano che veniva da Bologna è scomparso all’interno dell’aeroporto del Cairo. Ho realizzato e pubblicato il disegno immediatamente, il disegno è stato adottato da tutti in Italia ed è diventato l’immagine più iconica della grande campagna per la liberazione di Patrick. Questo è quello che faccio.

Sono un artista libero, che disegna per chi non può più esprimere la propria libertà.

Amnesty / BeccoGiallo / Human Rights Portraits

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