

16 gennaio / 27 febbraio
MUSEO DEL TERRITORIO BIELLESE
A cura di Francesco Santaniello
Con le opere di di Umberto Mariani, Serafino Maiorano, Omar Ronda, Gianluca Costantini, Daniele Basso, Luigi Mainolfi, Valentina Crivelli, Cristiano Carotti, Paolo Lagna, Sergio Coppi.
Inaugurazione sabato 15 gennaio, ore 17.30 con conferenza dedicata al tema della mostra con la presenza degli artisti e del curatore Francesco Santaniello.
“Le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia sono un’ottima occasione per rileggere e riscoprire pagine fondamentali della nostra storia. Lo dico senza retorica, ma con la consapevolezza, maturata da studente prima e da docente poi, che questo periodo storico è affrontato con troppa superficialità, studiato di fretta e sommariamente al pari dell’educazione civica. Non ci stupisce allora che il senso nazionalistico italiano si faccia sentire soltanto nei novanta minuti di qualche partita in mondovisione, o in altre sporadiche occasioni. “Povera patria”- cantava Battiato.






L’Italia è una nazione giovane: ha 150 anni. Eppure pochi paesi al mondo possono vantare un patrimonio storico, culturale e del sapere (e del saper fare) in genere, vasto e particolare come il nostro. Il nome ITALIA per la prima volta compare su una moneta coniata dagli associati nella guerra del 91-88 a. C. contro Roma. Si badi bene, però, che tale conflitto non fu combattuto dai popoli italici per scongiurare l’assoggettamento al potere di Roma: non fu una guerra per l’indipendenza bensì per l’integrazione, per l’unità. Quest’intento fu raggiunto con la legge promulgata nel 90-89 a.C., grazie alla quale tutti coloro che abitavano sul territorio della penisola divennero cittadini romani, con relativi privilegi e obblighi. La cultura latina ha unito e determinato la civiltà dell’Italia, di buona parte dell’Europa e del bacino Mediterraneo. La caduta dell’Impero romano d’Occidente è stata causa poi del frazionamento geografico, linguistico e identitario del nostro Paese e di altre nazioni europee, che tuttavia prima dell’Italia sono riuscite a creare uno stato unitario e soprattutto una coscienza comune nel popolo. La nostra penisola, cantata dai poeti come “giardino dell’impero”, è stata per lungo tempo terra di conquista. Manzoni non a caso rimproverava l’indolenza dei nostri avi che si lasciavano dominare dagli stranieri. Gli eroi del Risorgimento hanno cercato di scuotere le coscienze rammentando la forza e la genialità dello spirito italico. Non è questa la sede adatta per dilungarsi in riletture storiche o sociologiche, ma il centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale costituisce l’occasione migliore per ricordare o apprendere chi siamo. La cultura e l’arte, parti essenziali del nostro DNA italico, svolgono in tal senso un ruolo determinante, come del resto è sempre stato.
La città di Biella ha invitato un gruppo di artisti di diverse generazioni, provenienti da varie regioni, con formazione e linguaggi espressivi differenti, a riflettere sul tema dell’unità nazionale focalizzando l’attenzione su due personaggi chiave del Risorgimento: Giuseppe Mazzini e Camillo Benso conte di Cavour. Ogni autore ha affrontato liberamente il tema proposto realizzando opere che costituiscono un esempio della poetica di ciascuno, e allo stesso tempo offrono degli spunti di riflessione e di godimento estetico.
Nei lavori di Umberto Mariani ritroviamo un tema a lui caro, quello della “piega”, che sottende una forte radice storico-artistica: dai drappeggi nella statuaria egizia al leggiadro panneggio fidiaco; dalle svolazzanti vesti delle “ninfe” rinascimentali alle tormentate pieghe mosse dal vento barocco nelle sculture del Bernini; dalle neoclassiche increspature dei tessuti descritti da Canova ai fantasmatici impacchettamenti di Christo. Nei quadri di Mariani le iscrizioni sono velate, ma non nascoste, sotto un sottile strato di pieghe; così facendo l’artista non vuole obliterarne la memoria, al contrario induce l’osservato a prestare maggiore attenzione e concentrazione. Mariani intende educare lo sguardo di chi osserva, invita alla scoperta del dettaglio nascosto. A riguardo mi torna in mente Dupin, un personaggio di Edgar Allan Poe, che guarda la realtà inforcando un paio di occhiali scuri. Dupin nasconde lo sguardo, sceglie di vedere tutto in grigio attraverso il filtro nebbioso delle lenti, ma quello che perde nel contrasto e chiarezza dei particolari, lo guadagna con la capacità di percepire atmosfere e profili: è come se volesse socchiudere gli occhi per capire dove andare a cercare, attutire le facoltà della visione per immaginare ciò che deve guardare.
Analogo discorso si potrebbe fare in merito all’opera di Serafino Maiorano che mediante l’alchimia artistica trasfigura il Vittoriano affinché torni ad essere prima di tutto l’Altare della Patria. Ovvero si riscopra l’alto valore civico del monumento eretto per celebrare l’Unità italiana, tralasciando la prosaica profusione di metafore scultoree e pittoriche che lo appesantiscono.
Anche Omar Ronda applica un filtro, ma di tutt’altro genere, alle immagini, che ha prelevato dal repertorio della storia patria e della tradizione artistica. Eppure queste raffigurazioni così significative con il tempo sono state banalizzate (se non ricordo male anni fa il ritratto di Cavour fu utilizzato anche per la pubblicità di un liquore) a causa della loro decontestualizzazione o dell’incontrollata ripetizione seriale. Ronda le astrae dal contingente, le riveste con i ghiacci sintetici caratterizzanti la sua attuale ricerca per farle di nuovo assurgere alla dignità di icone; le riveste di nuova aura affinché possano tornare a essere degli exempla.
Gianluca Costantini presenta nove quadri che si prefiggono di avere una loro unità e compiutezza formale congiunta all’autonomia iconografica se esaminati individualmente e di costituire un insieme nuovo, a sua volta dotato di unità visiva e concettuale, se assemblati in serie. L’unità delle parti, come quella delle regioni del nostro Paese, determina una superiore epifanica bellezza pur salvaguardando le particolarità di ciascun elemento. Con uno stile incisivo e grafico Costantini rappresenta Mazzini per indagarne la fisionomia e attraverso il ritratto le caratteristiche somatiche e psicologiche, ma soprattutto sceglie di porre l’accento sulla profusione di simboli di quella fede civica mazziniana fondata sui dogmi dell’indipendenza, dell’unità e della libertà. In quel giorno e dopo quel giorno l’eclettismo del pensiero mazziniano si traduce in certe atmosfere ispirate dal romanticismo europeo con risvolti mistici-messianici, dove trovano posto anche concetti e simulacri dell’era contemporanea.
Daniele Basso ha concentrato la sua attenzione sui volti di Mazzini e Cavour, poiché nei loro ritratti ha voluto far emergere la “forza delle idee e dei valori che in vita hanno difeso e che la storia ricorda: l’Unità d’Italia. – spiega l’artista – Così la forza del pensiero di Mazzini (Laico Radicale &Repubblicano – panno Rosso) e le strategie messe in atto da Cavour (Liberal Democratico – panno Verde) diventano geometrie intagliate nello specchio, che riflette noi che guardiamo e fa riflettere su quanto è stato fatto e quanto ancora manca all’Italia unita. Due finestre sull’anima e sulla storia che ricordano, soprattutto alla disillusa e passiva società di oggi, che la vita appartiene a chi sa credere nella forza dei propri sogni!” Così facendo Basso ci induce a riflettere sull’identità del singolo (colui che è ritratto, ma anche ciascuno di noi che guarda l’opera e si vede specchiato) in rapporto all’identità collettiva (di un popolo che nel 1861 doveva prendere coscienza di sé e dello stesso popolo oggi).
In Cavour che guarda il mare Luigi Mainolfi si ricollega idealmente alla tradizione italica dei ritratti in terracotta, spesso raffiguranti gli antenati-divinità protettori delle case. La superficie dell’opera mantiene le tracce del fabbrile lavoro dell’artista con segni reiterati che modulano i passaggi chiaroscurali. È come se la materia volesse assorbire la luce. Una materia, quella scelta da Mainolfi, che ha un forte valore esoterico-alchemico. Poiché nella terracotta, materiale semplice ottenuto dall’impasto di terra e acqua fatto essiccare al sole o cotto con il fuoco dei forni, usato dagli uomini da millenni, si ritrovano i quattro elementi che secondo la filosofia occidentale formano tutta la materia dell’universo.
La tela di Valentina Crivelli ci offre il pretesto per riscoprire le vicissitudini esistenziali di una donna di eccezionale bellezza e capacità. Vicissitudini che si sono intrecciate con la storia patria. Si tratta di Virginia Verasis Oldoini, contessa di Castiglione, inviata dal cugino Camillo Benso come ambasciatrice a Parigi presso la corte di Napoleone III, e che fu in più occasioni al servizio della causa risorgimentale. La Crivelli ha ripreso una fotografia d’epoca della nobildonna e l’ha tradotta secondo i modi del suo stile pittorico. Uno stile determinato dai moderni mezzi della visione, poiché consapevole del fatto che oramai siamo abituati a vedere attraverso il filtro dei monitor l’artista visualizza oggetti e figure alla maniera delle immagini digitali, vettorializzate.
Sua altezza reale Vittorio Emanuele II e il conte di Cavour, ardimentosi anche nell’abbigliamento punk-rock, si affacciano dagli oblò, sono saliti “sull’ali dorate” di un razzo al grido di viva V.E.R.D.I. e si lanciano alla volta di Roma, che resterà ancora per qualche anno l’agognata capitale del nuovo Stato. Questo in estrema sintesi il racconto che sottende il lavoro di Cristiano Carotti, cresciuto a forza di musica elettronica e mass-culture. Con Italianrocket 1861 l’artista vuole esprimere in chiave pop lo spirito rivoluzionario dell’impresa risorgimentale, l’audacia e la determinazione di questi nostri eroi che hanno reso concreto un ideale.
All’interno di un elegante e tranquillo salotto borghese, dalle cui finestre si intravedono le evoluzioni aeree delle Frecce tricolori, un’avvenente ragazza getta un po’ di esuberante scompiglio. Una Giovine Italia che intende scuotere le meditabonde riflessioni di Cavour e Mazzini, accomodati in salotto. È costei, forse, l’anima di una nascente nazione che desidera comunicare la sua intensa vitalità e aprirsi con gioia al futuro? Questo è il tema sviluppato da Paolo Lagna, proposto con un linguaggio visivo che fa leva su forme e sintagmi dell’attuale comunicazione pubblicitaria.
Sergio Coppi, invece, rappresenta una Giovine Italia un po’ avanti negli anni, assorta in una solinga meditazione, immersa nella tranquillità campestre, lontana dai clamori del mondo e della storia. La donna, figlia di un idealista signor Giovine, è la personificazione del pensiero mazziniano, che permane forte e valido nel tempo. Se nell’iconografia rinascimentale la figura femminile denudata nello scenario naturale indicava l’armonia tra l’essere umano (“docile fibra dell’universo”, secondo Ungaretti) e il mondo, la nudità dell’Italia di Coppi, che si è spogliata di ogni suo avere ad accezione del tricolore, potrebbe essere letta come allusione al concetto mazziniano di Patria, intesa come fede o ideale, ossia un valore spirituale al quale si devono subordinare gli interessi materiali e individuali”Francesco Santaniello
Link:
www.biellesitessitoridiunita.it
www.museodelterritorio.biella.it
Artisti: Umberto Mariani, Serafino Maiorano, Omar Ronda, Gianluca Costantini, Daniele Basso, Luigi Mainolfi, Valentina Crivelli, Cristiano Carotti, Paolo Lagna, Sergio Coppi